Verso l’euro digitale: cos’è e a cosa servirà?

Marco Ziliotti

 

Immaginate di poter disporre di un borsellino virtuale, incorporato nel vostro smartphone -o computer – , oppure in una card, che vi consenta di effettuare pagamenti accettati ovunque, senza commissioni né costi di altra natura (né per voi né per chi li riceve); che funzioni anche offline, nel più sperduto rifugio di montagna o quando internet va in tilt; che consenta, sempre senza costi, di trasferire in tempo reale  potere d’acquisto ad un familiare cui hanno rubato il portafoglio mentre era in viaggio all’estero; che, a differenza di bonifici, carte di credito e di debito, non solo, come detto, sia gratuito ma non necessiti nemmeno di appoggio su un conto corrente bancario – tuttavia che, se già lo possedete, può consentire (tramite un meccanismo di cosiddetto reverse waterfall) di attingere alle disponibilità giacenti – ; insomma, di un mezzo di pagamento semplice ed universale come il contante, ma che, a differenza di questo, grazie alla sua immaterialità, possa essere utilizzato senza trasferimento fisico e detenuto minimizzando i rischi di sottrazione fraudolenta.

In effetti, esistono già da anni sul mercato sistemi di wallet digitali (tra cui le più diffuse app PayPal, Google Pay, Apple Pay, Amazon Pay), ma anzitutto il loro funzionamento dipende dalla copertura internet ed inoltre si tratta di strumenti gestiti da soggetti privati, prevalentemente di oltre Atlantico, che, fra l’altro, si impossessano di tutte le informazioni relative alle transazioni eseguite.

L’euro digitale, invece, alla stessa stregua degli euro fisici, sarà un mezzo di pagamento gestito da una autorevole istituzione pubblica, la BCE, con tutte le garanzie del caso (anche quelle di avere un gestore “domestico”, elemento non banale in tempi di forti incertezze geopolitiche). Il progetto legislativo di istituzione di una CBDC (Central Bank Digital Currency) europea – sono peraltro in fase avanzata analoghi progetti in USA e Cina – è contenuto nel “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione dell’euro digitale”, che prevede, dopo una fase preparatoria iniziata nel novembre 2023, che fra un anno il Consiglio direttivo della BCE passi alla fase operativa, stabilendone nel dettaglio modalità e tempistiche (rulebook).

La diffusone della moneta europea virtuale esordirà dunque probabilmente nel 2026, con l’obbligo di accettazione quale mezzo di pagamento non solo nei venti paesi dell’Eurozona, ma in tutti i ventisette dell’UE, con la fondata aspettativa che in breve tempo, alla stessa stregua dell’euro fisico, pure l’euro digitale venga accettato in tutti – o quasi – i paesi del mondo.

Preciso obiettivo delle autorità europee è che l’euro digitale rappresenti esclusivamente un mezzo di pagamento e non una riserva di valore (cioè, un asset su cui investire il proprio patrimonio). A tale scopo, si prevede che le somme detenute in euro digitale non fruttino alcun interesse e siano assoggettate a stringenti limiti quantitativi a livello individuale (le imprese potranno solo riceverlo in pagamento). Tali vincoli peraltro serviranno pure ad evitare effetti di disintermediazione e quindi di spiazzamento del sistema bancario: i depositi bancari continueranno ad essere la forma tipica di riserva di valore liquida.

Tale natura di mero mezzo di pagamento e non di potenziale asset speculativo mette in evidenza anche come l’euro digitale non sia in alcun modo comparabile alle criptovalute (Bitcoin, Ethereum, Tether, Solana, ecc): queste infatti, come noto, non dispongono di alcuna garanzia di controllo legale, bensì di sistemi fondati su tecnologie distribuite, tipo blockchain, e vengono tipicamente utilizzate come forme di investimento speculativo, altamente volatile.

L’euro digitale sarà invece assoggettato a controlli puntuali da parte della BCE che, come da suo preciso mandato istituzionale, ne dovrà dunque garantire la sicurezza – anzitutto rispetto al cybercrimine -, la stabilità del valore e, non meno importante, la tutela della privacy. Tema, quest’ultimo, di particolare delicatezza: l’uso frequente delle criptovalute per scopi illeciti suggerisce che anche le monete digitali, alla stessa stregua del contante, potranno essere utilizzate per finalità illegali. Starà all’intelligenza del regolatore trovare un giusto equilibrio fra lotta alla criminalità finanziaria e libertà economica.

La futura Commissione europea

Alfredo De Feo

Il 20 Novembre 2024, i gruppi politici del Parlamento europeo hanno concluso l’accordo politico che, con ragionevole certezza, permetterà l’entrata in funzione della nuova Commissione europea, il 1 dicembre come nella scorsa legislatura. Tale voto mette fine a molti mesi in cui l’attenzione delle Istituzioni europee è stata più rivolta verso l’interno che alle vicende geopolitiche. L’elezione di Trump, alla Presidenza degli Stati Uniti ha dato un’ accelerazione a processi che nel passato sono stati più complessi.

Per molti osservatori il comportamento dei leader dei gruppi parlamentari è apparso poco maturo, dettato da preoccupazioni difficilmente comprensibili di fronte alle urgenze ed alle sfide mondiali, sfide che si potranno affrontare solo con una grande unità.

I contrasti tra i gruppi politici, al di là, delle posizioni identitarie e nazionali, nascondevano un malessere di fondo: accettare lo spostamento della maggioranza dall’europeismo che abbiamo conosciuto negli decenni scorsi ad un europeismo, marcato da una presenza più invasiva degli Stati, probabilmente più in sintonia con il sentire di una parte dell’opinione pubblica, che si è tradotta nel risultato alle elezioni europee.

Ursula von der Leyen, ha colto da subito questo cambiamento, proponendo di coinvolgere il gruppo conservatore, o almeno una parte del gruppo, nelle cariche apicali della Commissione, essendo cosciente che nel prossimo quinquennio non potrà sempre contare sulla maggioranza di popolari, socialisti, liberali e verdi e che, probabilmente, avrà anche bisogno del supporto della destra più moderata, i conservatori europei. Inoltre, la nomina di Fitto dovrebbe garantirle una maggioranza più stabile anche in seno al Consiglio, dove il peso dell’Italia non è indifferente. Nell’architettura bicamerale europea, infatti, la Commissione, per qualsiasi atto legislativo, dovrà trovare non solo il sostegno della maggioranza parlamentare ma anche quella degli Stati Membri. L’atteggiamento della Presidente della Commissione denota lucidità e realismo politico.

Il Parlamento Europeo ha ampiamente dimostrato in questi anni di essere fondamentale nell’equilibrio istituzionale, potrà continuare ad essere centrale nella costruzione europea a condizione di mantenere la capacità di compromesso anche di fronte ad un Consiglio, la cui maggioranza degli Stati ha probabilmente una visione dell’Europa più nazionale.

D’altra parte se guardiamo agli ultimi venti anni, il processo decisionale europeo è divenuto progressivamente più intergovernativo, riducendo l’influenza della Commissione. La Commissione che dovrà accompagnare l’Europa verso il 2030 sarà sicuramente influenzata dai Governi, molti dei Commissari sono diretta espressione dei Governi nazionali ed è probabile che questi condizionino le scelte della Commissione più di quanto avvenuto in passato.

Gli ultimi anni hanno dimostrato però che il processo di integrazione europea può proseguire anche attraverso il metodo intergovernativo, con decisioni prese all’unanimità, come è stato per il piano di Ripresa e Resilienza finanziato con la garanzia dei bilanci nazionali. Anche se probabilmente, nell’immediato, questo tipo di finanziamento non si riprodurrà, gli Stati possono essere capaci di far progredire l’integrazione europea. La prova concreta si è avuta nel Consiglio Europeo informale del otto Novembre 2024 dove, i Capi di Stato e di Governo hanno invitato la Commissione, tra l’altro, a presentare una strategia orizzontale sull’approfondimento del mercato unico, verso un’unione dei risparmi e degli investimenti e realizzare con urgenza progressi per quanto riguarda l’unione dei mercati dei capitali.

Inoltre gli Stati chiedono all’Alto Rappresentante ed alla Commissione di presentare proposte per aumentare l’efficienza della capacità di difesa europea, in particolare rafforzando opportunamente la base industriale e tecnologica di difesa opzioni elaborate di finanziamento pubblico e privato.

Per concludere, la nuova Commissione dovrà rafforzare la credibilità europea con proposte che possano raccogliere il consenso di tutti gli Stati se è possibile, senza dimenticare che i Trattati prevedono che alcuni progetti siano condivisi solo da una gruppo di Stati, come per esempio l’Euro, o il trattato di Schengen, la cooperazione rafforzata, lasciando ovviamente le porte aperte agli altri di partecipare.  

Pubblicato sulla Gazzetta di Parma 23/11/2024

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