Che maggioranza per nominare il Presidente del Consiglio europeo?

Josè Luis Pacheco 

Potrebbe non essere molto importante, ma è indicativo della scarsa conoscenza delle questioni europee da parte del mondo dei media (e di conseguenza dell’opinione pubblica). 

 Molti articoli, tra cui anche alcuni prestigiosi giornali , indicano che l’elezione del Presidente del Consiglio Europeo avviene con decisioni a maggioranza qualificata. Lo stesso vale per la nomina del candidato alla presidenza della Commissione e per l’elezione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, giusto, ma poi aggiungono che ciò significa il voto favorevole del 55% degli Stati membri, corrispondenti almeno al 65% della popolazione dell’Unione. Ciò equivale a 15 Stati membri (senza prendere in considerazione il fattore popolazione). 

È sbagliato! 

Questo tipo di maggioranza qualificata è richiesta quando il Consiglio o il Consiglio europeo decide su proposta della Commissione. Ma in questo caso non c’è alcuna proposta da parte della Commissione. Sono gli stessi Stati membri a proporre i nomi alle candidature. In questi casi, quando la decisione non è presa sulla base di una proposta della Commissione, la maggioranza qualificata richiede il voto favorevole del 72% degli Stati membri, che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. Ciò significa 20 Stati membri (una bella differenza rispetto a 15). Risulta dall’art. 15, comma 6, TUE e dall’art. 235, comma 1, TFUE, che prevede l’applicazione dell’art. 16, paragrafo 4, TUE e 238, paragrafo 2, TFUE alla procedura decisionale del Consiglio europeo. 

È già abbastanza grave quando tali errori possono essere letti su giornali prestigiosi. Ma è molto peggio quando l’errore si trova sul sito stesso della Commissione europea, che funge da guida per gran parte della stampa e per i cittadini. 

L’agenda politica (tutta da scrivere) della Presidente Von dear Leyen verso il 2030

Alfredo De Feo, Direttore scientifico della Fondazione Collegio europeo di Parma

E’ probabilmente la prima volta, dal 1979, che la stampa ed i media europei hanno dedicato molto spazio all’Europa. Sopite le polemiche che hanno seguito l’approvazione del candidato proposto dal Consiglio europeo, Ursula von der Leyen da parte del nuovo Parlamento europeo, con oltre il 55% dei consensi, é iniziata una fase delicata che dovrà portare alla definitiva approvazione della Commissione che  accompagnerà il processo europeo verso il 2030. 

Il mese di agosto, in particolare, sarà intenso e caldo per la Presidente della Commissione. La Presidente Von Der Leyen dovrà trovare un equilibrio tra il programma che ha presentato al Parlamento europeo, le competenze dei Commissari, la maggioranza parlamentare e il rispetto degli equilibri in seno al Consiglio e, infine, ma non ultimo la parità di genere. Solo il dosaggio di questi elementi potrà garantire una ricetta che eviti ‘indigestioni’ nel momento cruciale dell’ultimo passaggio, davanti al Parlamento europeo, prima della definitiva entrata in funzione della Commissione. 

La Presidente del Consiglio dovrà misurarsi con le ambizioni e le richieste dei ventisette Governi, (di cui 13 sono di centrodestra, 10 di centro sinistra, 2 di destra, con Francia e Belgio con governi in fase di formazione.  

Il Parlamento europeo prima di votare l’approvazione del Collegio, procederà all’audizione fatta dalle rispettive commissioni parlamentari dei singoli deputati. Nel passato, Il Parlamento ha respinto diversi candidati commissari. Il primo caso fu nel 2004 quando il Parlamento respinse la candidatura di Rocco Buttiglione, costringendo il Governo italiano a cambiare candidato ed a nominare Franco Frattini. Questa procedura, pur non prevista dai Trattati, è stata fin ora sempre rispettata dai Governi, il cui candidato non ha superato l’esame parlamentare, per non correre il rischio di vedere respinta l’intera Commissione. 

I Governi, per evitare questo rischio, dovranno fare prova di flessibilità proponendo dei candidati competenti in relazione al portafoglio che la Presidente Von der Leyen attribuirà loro. Un passaggio questo da non sottovalutare, 

I Commissari forgeranno poi, insieme alla Presidente, la politica della Commissione e tra di loro ci saranno anche Commissari vicini a partiti che hanno votato contro la Presidente Von Der Leyen.  

Il vero programma di lavoro della Commissione scaturirà, quindi, dall’equilibrio che si formerà all’interno della Commissione. In realtà, l’agenda politica della Presidente von der Leyen, con cui la Commissione accompagnerà l’Europa verso il 2030 è tutto da scrivere. 

Il discorso programmatico della candidata presidente al Parlamento europeo ha avuto sicuramente un valore politico, soprattutto riguardo il suo impegno personale, ma non costituisce di per sé un programma di lavoro. Una volta insediata, la Commissione dovrà preparare le proposte e non potrà non tener conto degli equilibri in seno alla Commissione, della consistente minoranza parlamentare e dei nove governi, cinque facenti capo al gruppo dei Conservatori ECR (Italia, Finlandia, Cechia, Svezia e Belgio) mentre quatto sono collegati al gruppo dei Patrioti. Questi partiti variano tra euro opportunisti, euro critici euro scettici o anti europei. 

Al di là del programma presentato al Parlamento europeo, il compito della probabile Presidente della Commissione fino al 2029 sarà molto più complesso. Le proposte che usciranno dal Collegio dei Commissari dovranno affrontare una procedura legislativa che si può concludere solo con un compromesso tra i due rami del potere legislativo. La Commissione dovrà favorire il miglior compromesso ma non potrà non tener conto delle tendenze emerse dal voto europeo e delle posizioni di un terzo degli Stati, pur sapendo che l’unanimità non è sempre necessaria in seno al Consiglio. 

La vera sfida per la Presidente Von Der Leyen sarà quella di impostare una politica europea più sostenibile per i cittadini e le imprese europee, solo questa agenda politica potrà ridurre quello spazio di malcontento che ha in buona parte alimentato i partiti nazionalisti. 

Pubblicato Gazzetta di Parma 5-8-2024 

Sono aperte le iscrizioni per i Master Unipr 2024-2025

La Fondazione Collegio Europeo di Parma è lieta di annunciare l’apertura ufficiale delle iscrizioni ai seguenti Corsi di Master, co-realizzati e co-progettati con l’Università di Parma:

Nel dettaglio, i tre percorsi hanno rispettivamente l’obiettivo di:

  • Fornire le competenze manageriali e le abilità richieste per assumere un ruolo dirigenziale nell’ambito degli Enti Locali;
  • Fornire le conoscenze e competenze necessarie per ricoprire il ruolo di esperto nel settore “Finanziamenti Europei”, all’interno della Pubblica Amministrazione;
  • Permettere di acquisire le competenze relative alla risposta umanitaria e alla pianificazione di interventi psicosociali, nell’ottica del MHPSS (Mental Health and Psychosocial Support).

Tutte le informazioni utili (principali scadenze, Programma Didattico, durata, quota di partecipazione, etc.) sono reperibili sulle pagine dedicate nel sito web della Fondazione Collegio Europeo e dell’Università di Parma.

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I nuovi Deputati del PE al lavoro

Alfredo De Feo, Direttore scientifico della Fondazione Collegio europeo di Parma

I cittadini europei hanno eletto i 720 membri del Parlamento. Come possono i neoeletti influenzare le decisioni del Parlamento? 

Innanzitutto, scopriranno che il cosiddetto multilinguismo, dove ognuno può parlare la propria lingua, è una chimera. Infatti, teoricamente parlare la propria lingua è un diritto sicuramente garantito nelle sedute plenarie, ma non è sufficiente per garantire una buona integrazione nel lavoro parlamentare. L’amministrazione mette a disposizione dei deputati servizi di interpretariato e traduzione; inoltre, ogni deputato può assumere assistenti per aiutarlo a comunicare con i suoi colleghi. Tuttavia, se un deputato non riesce a esprimersi in una delle lingue “veicolari”, o meglio “nella lingua veicolare”, rischia di essere emarginato nel lavoro parlamentare. 

Il neo-deputato scoprirà poi che l’organizzazione del lavoro politico nel PE ruota attorno a due pilastri, due facce della stessa medaglia: i gruppi politici e le commissioni parlamentari. 

Le commissioni parlamentari sono divise per aree tematiche, ricalcando le commissioni dei parlamenti nazionali. I deputati saranno assegnati alle commissioni parlamentari in base alle loro competenze e preferenze. La composizione delle commissioni sarà dunque proporzionale alla composizione dell’assemblea plenaria. Avere specifiche competenze in un certo ambito aumenterà la possibilità di influenzare le decisioni. 

Nelle commissioni, oltre al Presidente e ai Vicepresidenti, un ruolo centrale è svolto dai portavoce dei gruppi, uno o due per gruppo, che hanno il compito di trovare le posizioni più unitarie all’interno del gruppo e poi difendere i risultati ottenuti in commissione all’interno del gruppo politico di appartenenza. I portavoce dei gruppi decidono inoltre a chi attribuire le relazioni o i pareri e scelgono i relatori e i relatori ombra. Queste posizioni sono chiave per lasciare un’impronta nel lavoro parlamentare. 

Per questo motivo, specifiche competenze nelle tematiche europee trattate dalle commissioni parlamentari sono essenziali per poter aspirare a ricoprire uno dei ruoli menzionati sopra e influenzare il processo decisionale. Infatti, le competenze contano; l’impatto di ogni deputato sarà proporzionale alla sua competenza e al suo modo di interagire con i suoi pari. 

Il lavoro nelle commissioni è certamente fondamentale, poiché la posizione del PE sulla legislazione da adottare viene preparata nelle commissioni, ma non è sufficiente, poiché i voti della plenaria sono determinati dalle posizioni dei gruppi politici. 

Per essere influente, il deputato deve saper trovare i suoi punti di riferimento all’interno del gruppo. Ovviamente ogni gruppo ha la propria organizzazione, che generalmente prevede un ruolo per le delegazioni nazionali e alcune aree tematiche, che generalmente coprono le competenze di più commissioni parlamentari. Anche in questo caso, i deputati che vogliono far valere delle specificità nazionali devono trovare il sostegno del gruppo politico, che dovrà poi negoziare compromessi con gli altri gruppi per ottenere la maggioranza richiesta in plenaria. 

In conclusione, ci auguriamo che i nuovi deputati si adattino rapidamente al metodo di lavoro del PE, per valorizzare le loro competenze. E per integrarsi bene nelle commissioni parlamentari e nei rispettivi gruppi politici, per partecipare attivamente alla costruzione democratica dell’Europa. 

Articolo pubblicato sulla Gazzetta di Parma il 13/6/2024 

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